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Pierangelo Bertoli è nato a Sassuolo il 5 Novembre 1942 da una famiglia operaia, fu colpito da una grave forma di poliomielite che lo privò della funzionalità degli arti inferiori e lo costrinse a vivere muovendosi su una sedia a rotelle per il resto della vita.

Malgrado l'ingombrante presenza della carrozzella visse un'infanzia regolare, ma priva di ogni genere di bene superfluo, secondo quanto raccontato dallo stesso Bertoli, in casa non c'era neppure la radio e per questo motivo la passione musicale del giovanissimo Pierangelo venne essenzialmente dall'esterno e dal complesso del fratello, che all'inizio degli anni sessanta si riuniva proprio nella cantina di casa Bertoli per suonare insieme.

Pierangelo conosceva già la discografia di alcuni cantanti famosi, come per esempio Frank Sinatra, ma non possedeva alcuna nozione di strumenti musicali e tecniche interpretative. Compiuti venticinque anni alcuni amici gli prestarono una vecchia chitarra in pochi mesi Bertoli imparò a suonarla, e di lì a poco diventò il suo strumento di riferimento. Dopo un anno di esercizi da autodidatta, cominciò a comporre le prime musiche per le canzoni già scritte nella parte testuale, che suonò dapprima di fronte agli amici e poi davanti a platee sempre più vaste, soprattutto in occasione di feste di paese e di partito. Il legame con la sua terra d'origine, oltre a non allontanarlo dalla sua città natale, gli fece comporre numerose canzoni indialetto sassolese.

Nel 1976, all’epoca del debutto ufficiale con “Eppure soffia”, Bertoli ha già pubblicato una manciata di 45 giri ( Marcia d’ amore/Per dirti t’amo, Scoperta/Marcia d’ amore e Matrimonio/L’ Autobus. Il primo dei quali nel ’73 per le edizioni di Servire il popolo (il gruppo extraparlamentare di sinistra nel quale militavano il futuro giornalista Michele Santoro e il futuro assessore allo Sport del Comune di Milano, Aldo Brandirali). Nel 1975, inoltre, era uscito nel silenzio generale un ellepi autoprodotto, “Roca blues”, ristampato su cd nel 2001 e in cui compaiono quattro dei dodici brani di questo album: le dialettali “Prega Crest” e “La bala”, la title track e l’intimista “Per dirti t’amo”; del ’74 è invece “Rosso colore dell’amore”, registrato con Lello Zaquini, Claudia Montis, Silvana Zigrino e Ciccio Giuffrida per le Edizioni del vento rosso (contiene la stessa “Per dirti t’amo” e “Non vincono”).
“Eppure soffia” è quindi la prima, vera opportunità che arriva a Bertoli dall’industria discografica e gli è offerta da una compaesana: Caterina Caselli, di Sassuolo come Pierangelo, la cantante di “Nessuno mi può giudicare” e “Insieme a te non ci sto più”, che ha lasciato il microfono per la scrivania dopo aver sposato il principale; l’ex “Casco d’oro riesce a fargli incidere per la sua (ormai in tutti i sensi) casa discografica, la Cgd - più avanti lo metterà sotto contratto con una nuova etichetta dal nome assai programmatico, Ascolto - questo disco semplice e generoso, vero e proprio manifesto in musica e parole.
Un manifesto, non un proclama, perché Bertoli è un cantautore “a muso duro”, ma sa anche essere tenero e ironico (vedi la natalizia “È nato, si dice”), romantico e divertente: “Avrei voluto dedicarti una canzone/con le parole della televisione/tutti quei fiori e quei discorsi complicati/che al cine fanno nei locali raffinati/ Ma mi sembra di commettere un reato/perché per dirti che sono innamorato/perché per dirti cosa penso in fondo al cuore/non c'è motivo che mi finga un grande attore”. Pierangelo però è uno di quelli che non perdono mai di vista la strada maestra, e subito dopo “Per dirti t’amo” arriva un pugno nello stomaco con “Racconta una storia d’amore”. Non lasciatevi ingannare dal titolo, perché Bertoli quasi si pente della sua precedente “debolezza”- ma quali storie d’amore, magari melense, con “un lui, una lei e la luna” - e (si) provoca: “Racconta che lei era bella/non dire che esiste il dolore/non dire che siamo sfruttati/racconta una storia d'amore”.
Voci da fuori, ma anche voci di dentro che gli ricordano la sua “missione”. Però, attenzione: come si diceva, la missione di Pierangelo, che è nato prima della Liberazione e deve non poco alla canzone più dichiaratamente politica, quella per intenderci dei Pietrangeli e Della Mea, è sfumata e comprensiva, senza per questo essere accomodante. Così l’amore ritorna, con l’amarezza di “C’era un tempo” e i rimpianti di “Due occhi blu”, composta insieme al fido Marco Dieci, e uno spazio importante spetta all’amicizia, come nella “Sera di Gallipoli”, dove cori quasi alla Giovanna Marini convivono pacificamente con le note di un sintetizzatore.
I suoni, le musiche… Non è certo un innovatore, Bertoli, ma ha qualche debito con il blues e con il country, e cantare gli piace al punto tale che gli anni Ottanta ci regaleranno – con “Canzoni d’autore” - un appassionato interprete di Conte e Jannacci, Tenco e De André. Un discorso a parte meritano i brani in dialetto modenese: solo due in questo disco, ma alla lingua dei padri e dei nonni Pierangelo dedicherà un intero ellepi, “S’at ven in meint”, il terzo inciso per la Cgd prima dell’album della consacrazione, “A muso duro” uscito nel 1979,
uno dei suoi album più noti e il primo a conoscere un riscontro su vasta scala, contenente la canzone omonima, vero e proprio manifesto di uomo e artista, che esalta anche la funzione sociale e aggregativa del mestiere del cantante.
Curioso che il successo non sia arrivato sin da questo “Eppure soffia”, neanche fra i primi cento più venduti del ’76, dal momento che il cantautore Bertoli è già abbondantemente formato, ma… “Spesso mi dicevano che in Italia per un handicappato non c'era spazio, che contavano solo la perfezione fisica, la bellezza, il look”, ricordava alla fine del 2001 in un’intervista a “Prodigio”, il giornale dell’omonima associazione di volontariato. Difetto di spazio e di spazi, un problema che la testarda Caselli impiegò più tempo del previsto a risolvere, fino al riscontro commerciale di “Certi momenti”
del 1980, la cui title track affronta con coraggio le tematiche dell'aborto, quest'album contiene inoltre la canzonePescatore, cantata con una ancora semisconosciutaFiorella Mannoia, scritta da Marco Negri, racconta di una donna che, soffrendo la lontananza del marito, lo tradisce salvo poi pentirsene, e il duetto si snoda tra il racconto del tormento interiore di lei e della fatica di lui nel combattere contro il mare sperando in una pesca fruttuosa
Del resto, finché c’è tempo c’è speranza, ma forse anche finché c’è speranza c’è tempo: se “l'acqua si riempie di schiuma” e “il cielo di fumi”, se “la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi”, se “un giorno il denaro ha scoperto la guerra mondiale” e “ha dato il suo putrido segno all'istinto bestiale”, il vento continua a soffiare, a sussurrare tra le foglie le sue canzoni, a baciare i fiori, ma senza coglierli.

Nel 1991 partecipò al Festival di Sanremo insieme ai Tazenda con Spunta la Luna dal monte, una canzone scritta in origine dal gruppo sardo intitolata Disamparados, di cui Bertoli scrisse il testo in italiano: il brano ottenne molto successo, portando a Bertoli una seconda giovinezza artistica.

Nel 1992 ritornò a Sanremo con Italia d'oro, una denuncia senza mezzi termini di alcuni malcostumi, la quale anticipò lo scandalo di Tangentopoli che di lì a poco avrebbe interessato l'opinione pubblica: la sua seconda partecipazione gli valse il quarto posto.

Nello stesso album è presente anche la canzone Giulio, un'accusa diretta e senza mezzi termini nei confronti di Giulio Andreotti.

L'ultimo album,301 guerre fa, composto da inediti e vecchie canzoni riarrangiate e ricantate, esce poco prima della sua scomparsa, mentre altre dieci canzoni (che avrebbero dovuto costituire il nuovo album del 2003), scritte con la collaborazione del figlio Alberto Bertoli (ma anche di Ligabue), non verranno mai incise da Bertoli né pubblicate.

Sofferente di tumore ai polmoni, all'inizio del settembre 2002 Bertoli fu sottoposto a una serie di cure presso il policlinico di Modena, dove ritornò qualche giorno dopo, ma per spegnersi alle 4.30 del 7 ottobre, a un mese dal suo sessantesimo compleanno. La morte avvenne a causa di complicazioni cardiache, probabile conseguenza del tumore contro il quale stava combattendo dal mese di giugno. Dopo la camera ardente e le visite di numerose persone venute a rendergli omaggio, tra cui Luciano Ligabue, per volere dei familiari non ci fu nessuna cerimonia funebre. La salma venne cremata e le ceneri tumulate nella tomba di famiglia presso il cimitero nuovo di Sassuolo.

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